23.10.2025
Ambiente
Una azione concreta per la riduzione del polistirolo nei mari
I disastrosi e molteplici effetti della dispersione delle micro e nanoplastiche sulla catena alimentare e la salute degli ecosistemi

Quelle minuscole particelle plastiche che distruggono il mare e il Pianeta

Houston abbiamo un problema. Che però abbiamo su tutto il pianeta e che interessa molto il nostro Paese, in quanto circondato da mari. Se l’inquinamento da plastiche è una piaga che minaccia di creare danni sempre più seri alla fauna e alla flora marine con dirette conseguenze sulla salute degli ecosistemi nonché su quella degli umani, una delle sue componenti che si rivela particolarmente incidente nel determinare effetti nefasti è la dispersione in acqua dei frammenti di polistirolo (EPS, polistirolo espanso).

Le micro e nanoplastiche minano le catene alimentari e l’esercizio delle funzioni essenziali alla vita

Se infatti la presenza delle plastiche negli oceani costituisce un problema in sé – pensiamo ad animali come balene, delfini, tartarughe marine e uccelli marini che possono rimanere intrappolati nelle reti e nei sacchetti di plastica, soffocando o rimanendo feriti – ad aggravare esponenzialmente la situazione è l’inevitabile degradazione nel tempo del materiale plastico galleggiante che lo porta a frammentarsi in particelle più piccole, fino a diventare microplastiche (inferiori a 5 mm) e nanoplastiche (inferiori a 100 nano millimetri) che vengono ingerite con facilità da tutti gli animali marini e mescolandosi al plancton lo ostacolano nello svolgimento delle funzioni di fotosintesi (metà dell’ossigeno che respiriamo è generato dai mari).

La particolare fragilità del polistirolo esposto agli agenti atmosferici 

Tra le diverse tipologie di plastiche ciò vale particolarmente per il polistirolo espanso in quanto, a causa della sua leggerezza, risulta essere altamente frammentabile e soggetto ad una rapida degradazione determinata dal calore e dagli agenti atmosferici. Questa disgregazione produce per ogni lastra o contenitore abbandonato milioni di micro e nano plastiche – uno studio pubblicato lo scorso anno sulla piattaforma Science Direct attesta che un solo centimetro quadrato di polistirolo, dopo un mese di esposizione al sole, può rilasciare fino a 67 milioni di micro e nano plastiche – che si disperdono con estrema facilità e impiegheranno centinaia di anni prima di decomporsi nell’ambiente, avendo dunque tutto il tempo per inquinare i mari e intossicare i pesci.

Già oggi in mare una quantità di particelle plastiche......ben più lunga della Via Lattea

Innumerevoli ricerche e rilevamenti attestano come ormai, purtroppo, questa contaminazione sia una delle emergenze ambientali più gravi a livello planetario, se è vero che già nel 2017 l’ONU stimava la presenza di 51 trilioni di microplastiche nei mari del pianeta, 500 volte più delle stelle nella Via Lattea. Del resto, è stato rilevato come il 95% dei rifiuti abbandonati negli oceani risulti essere di tipo plastico e che a sua volta almeno il 30% dei rifiuti plastici galleggianti sia costituito da polistirolo. Una incidenza, quella dell’EPS, relativamente minoritaria se si prende a riferimento il peso complessivo dei rifiuti marini a causa dell’estrema leggerezza del materiale, ma enormemente rilevante se si valutano le nocività generate dalla sua degradazione.

I molteplici effetti negativi della decomposizione del polistirolo 

La tendenza alla frammentazione e alla porosità non sono peraltro gli unici aspetti che rendono la degradazione del polistirolo espanso particolarmente pericolosa per gli ecosistemi e la salute umana: la sua frantumazione in microparticelle è accompagnata anche dal rilascio di monomeri tossici di stirene e additivi chimici. Inoltre, un’altra sua caratteristica dal grave potere inquinante è costituita dalla capacità di assorbire e veicolare metalli contaminanti che finiscono così nella catena alimentare marina fino alle nostre tavole.

Un materiale così leggero e frantumabile... deve stare lontano dal mare

Ma come arriva il polistirolo nei nostri mari? Quali attività umane sono individuabili al fine di ridurne il disastroso impatto sull’inquinamento marino? Trattandosi di un materiale molto leggero e friabile utilizzato in tantissime attività umane, è intuibile che per una buona parte provenga da fonti a terra e finisca sulla superficie marina trasportato dal vento e dai corsi d’acqua fluviali. C’è, però, una componente molto importante generata direttamente dall’attività umana in mare: l’utilizzo da parte dei pescherecci di cassette in polistirolo usa e getta per la raccolta e la conservazione del pescato.

Alla radice del problema: sostituire le cassette monouso dei pescatori con contenitori riutilizzabili

Volendo intervenire direttamente alla radice del problema, proprio questo è l’aspetto su cui si è concentrato il progetto Net Reborn, promosso da Sea the Change e Fondazione Cetacea con il sostegno di Coopservice e Servizi Italia. Partendo dall’adozione di una cooperativa di pescatori – la Casa del Pescatore di Cesenatico – l'iniziativa si propone un obiettivo semplice e concreto: sostituire parte delle tradizionali cassette usa e getta in polistirolo usate nel settore ittico con cassette in plastica durevoli e riutilizzabili, riducendo così la dispersione in mare di micro e nanoplastiche e promuovendo contestualmente un modello di economia circolare fondata sul riuso, replicabile in altri porti e territori.

Il filo comune che lega i progetti ‘Fishing for Litter’ e ‘Net Reborn’ 

Materialmente alla cooperativa di pescatori ‘adottata’ sono state donate 200 cassette durevoli e riutilizzabili, il cui uso consentirà così di non produrre rifiuti inquinanti ed evitare il consumo di almeno 6 tonnellate di polistirolo, corrispondenti a circa 20 tonnellate di CO2 equivalenti non emesse in atmosfera. La partecipazione di Coopservice e Servizi Italia si inserisce all’interno della partnership con Sea The Change e Fondazione Cetacea già avviata in occasione del progetto Fishing for Litter, il quale ha previsto il finanziamento di quindici uscite ad hoc per il recupero di rifiuti marini nel biennio 2024-2025. Un percorso articolato per step progettuali, dunque, pensato per creare un rapporto duraturo tra le aziende e le cooperative di pescatori locali, e che proseguirà nei prossimi anni per sostenere il recupero e il riciclo delle reti da pesca fornendo ai pescatori della cooperativa di Cesenatico gli strumenti necessari per farlo. 

Sostenibilità e Carbon Footprint, impegni di lungo corso di Coopservice

La sostenibilità ambientale è parte integrante del sistema valoriale e della visione imprenditoriale di Coopservice –  afferma Giuliana Caroli, ESG & Communication Manager di Coopservice –  Oltre al sostegno a progetti per la salvaguardia degli ecosistemi marini e la tutela della biodiversità, il nostro impegno per la salvaguardia ambientale si traduce in una serie di interventi per ridurre il nostro impatto, come testimoniato dalla certificazione ISO 14064-1 per la quantificazione, il monitoraggio e la rendicontazione della carbon footprint dell’azienda”. Un impegno aziendale di lungo corso quello di Coopservice a favore della sostenibilità e per la riduzione dell’impronta di carbonio, di cui costituiscono esempi recenti interventi quali l’apertura del nuovo Smart Hub e l’installazione del grande impianto fotovoltaico a copertura dei parcheggi della sede centrale di Reggio Emilia.

La ricerca della sostenibilità quale stella polare delle attività di impresa

Un impegno, quello di Coopservice per la sostenibilità, che ha già ottenuto importanti riconoscimenti e che viene calato quotidianamente nell’ambito dell’erogazione dei propri servizi di facility, studiando metodologie e procedure per ridurre il consumo di risorse preziose come l’acqua e limitando l’utilizzo di prodotti chimici nei propri processi di pulizia, igiene e sanificazione senza compromettere la qualità delle prestazioni. E poi ricorrendo a tecnologie avanzate e algoritmi innovativi per ottimizzare i percorsi della propria flotta e ridurre il consumo di carburanti, investendo per la formazione e la sensibilizzazione dei propri dipendenti sui temi ambientali, incentivando la raccolta differenziata e l’adozione di soluzioni plastic-free (nella sede centrale sono stati installati distributori di acqua filtrata collegati alla rete idrica e distribuite borracce in acciaio inox).

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